sabato 5 novembre 2011

MISERA ME - PUNTATA N° 16 - VOTATE!

"Ho le chiavi di casa, i padroni sono fuori città e tornano domani...se vuoi possiamo entrare subito nella tua vecchia casa...". Il mio cuore si ferma. Come??? Oddio non avevo pensato a questa opzione.
"Cristo Santo, Mirko! Ma come...? quando..? Come..." le parole mi muoiono in bocca. "Devi muoverti sciocca..." dice teneramente. E' la prima volta che ha uno sguardo cosi dolce. E io mi sciolgo come una zolletta di zucchero in una tazzina di caffè bollente. Mi guardo un attimo... sono oscena, come posso mostrarmi alla mia vecchia casa in queste condizioni? "no no, Mirko...guarda lasciamo stare" Uno strano panico attanaglia il mio stomaco. Non crede ai suoi occhi "Cosa stai dicendo?" il lampo di dolcezza che avevo scorto nel suo sguardo sta diventando un fulmine di rabbia. "Non credo di voler entrare" e in un nanosecondo mi trovo a tremare con le mani giunte rinchiuse tra le ginocchia.

"Ma cosa stai dicendo? Tu non sai che cosa ho dovuto fare per avere queste maledette chiavi" la voce è rotta dai nervi tesi. Questa volta mi ammazza e mi seppellisce sotto un albero...i giornali parleranno per giorni di me, diranno che una giovane ragazza è scomparsa, poi faranno le indagini e scopriranno che ero scappata da Parigi, intervisteranno Miriam e lei dirà quando è stata l'ultima volta che mi ha vista, da li giungeranno a Mirko e lo arresteranno ma lui negherà. Poi i cani della Guardia di Finanza sentiranno il mio odore e troveranno il mio corpo in decomposizione. OH MIO DIO!
"Senti, non so...ho paura" e di colpo quella casa mi sembra cosi grande, mi sembra un enorme contenitore di emozioni discordanti tra loro, la testa gira e il cuore combatte nel petto.
"Che tu voglia o no, ora ti alzi da questo cazzo di sedile e vieni li dentro con me" mi dice Mirko deciso. Scende dall'auto e io rimango dentro. Lo vedo girare attorno alla macchina e aprire lo sportello passeggero. "Avanti, scendi" dice prendendo le chiavi. "No" rispondo col broncio. Sono una bambina capricciosa. Mi afferra per il braccio e mi strattona "Muoviti! Su! Lascia andare la tua stupida paura, che donna sei? Credevo fossi una donna molto più forte Carlotta!".
Le sue parole centrano il punto. Tutti mi credono forte, ma non lo sono. "E smettila di piangerti addosso". Mi lascio trascinare fuori dall'auto, la chiude a chiave e ci incamminiamo palesemente circospetti verso la montagna di mattoni salmonati. Arriviamo davanti al piccolo cancello verde e il cuore ormai e accanto alle tonsille. Lo sento battere cosi forte che tra un pò mi esce dalla bocca. Le mie dita si intrecciano alle sbarre smeraldine e le stringono forti. Una strana onda mi sale dallo stomaco all'ugola. "Apri Mirko, apri questo cancello". Lui in silenzio metafisico prende la chiave azzurra e la infila nella serratura. Il cancelletto si apre ad angolo e il lieve cigolìo ci invita a proseguire. Metto il piede sul primo scalino e mi fermo. Immobile. Alzo la testa. Mi sento quella di 15 anni fa, quando entravo senza dare peso a niente di quello che avevo attorno. Non avevo mai notato quanto ammaliante fosse l'entrata. Le aiuole laterali sono ricche di eriche sempreverdi. Nemmeno quelle le avevo mai viste sotto questa luce. Mi lasciano cosi, rigida con gli occhi drogati di bellezze incredibili. Mirko mi accompagna con una mano sul sedere senza dire niente, aiutandomi a proseguire. I piedi iniziano a camminare da soli, percorrono questa scalinata di ricordi che si affollano violente nella mente. Mia madre che passa con la baccinella del bucato per andare a stendere i panni al gusto marsiglia, mio padre che taglia la siepe posato con la sua tuta grigia e le ciabatte marroni sulla scaletta da giardinaggio. I miei cani che corrono repentini sui corridoi esterni e passano da un giardino all'altro, sfiorando con le orecchie i bassi aceri rossi, per poter abbaiare ai passanti. La corteccia che ricopre le aiuole del giardino meraviglioso. Non l'ho mai sfruttato abbastanza. Mi mancano però alla vista le mie betulle. Belle le mie betulle. Belle. Dove sono? A stonare l'armonia dei miei ricordi appaiono quelle palme tamarre. "Devi muoverti Carlotta, non deve vederci nessuno...dobbiamo entrare". Proseguiamo in sacro silenzio. Siamo davanti alla porta della cucina. Voglio entrare da qui. Mirko tenta di aprire la porta ma non ce la fa. "Occorre fare cosi" dico dolcemente, la conosco questa porta. Ha una serratura particolare, per aprirla occorre prima posizionare la maniglia in una certa posizione. Certo avranno cambiato le chiavi, ma la porta è sempre lei. E gongolo nel vedere che dopo aver usato il superpotere della maniglia segreta riusciamo ad aprirla, e una volta entrati la richiudiamo a chiave minuziosamente. Eccola...la mia cucina. E' rimasto tutto come allora. L'unica cosa che è cambiata sono i quadri, per il resto, devo ammetterlo, hanno avuto gusto a lasciare tutto esattamente com'era. Il pavimento in granito lucido e abbagliante. La tavola rotonda al cerchio della stanza, e questa cucina grande che si estende per tutto il perimetro ad est della stanza, facendo angolo. Il camino all'altro angolo ha la botola chiusa, lo carpisco dalla catenella che scende lunga dalla canna fumaria. Sotto di esso si apre il buco dove c'era la morbida cuccia calda dei miei cani, e li vedo ancora li ,che dormono, quel lento e rilassante alzarsi del dorso ad ogni respiro. Uno accanto all'altro stretti in un abbraccio di tranquillità e serenità. Quanto amore respiravo in questa casa. Arrivo al salotto e rimango stupita nel vedere che anche questa stanza è rimasta la stessa. Stessa disposizione di mobili, stessa parete rosata spatolata. Trovo il coraggio per la prima volta da quando sono entrata di sfiorare con le dita il muro, come se temessi che toccando qualcosa possa svanire come una nuvola. Puff. E invece no, non svanisce nulla e le mie dita gioiscono nel sentire la fredda e liscia spatolatura fatta a regola d'arte. Un fuoco mi si accende dentro. Un interruttore apre le danze della mia anima. Rido. Rido e giro su me stessa in questa stanza. Rido e tocco i divani, mi ci butto sopra, mi rotolo goffamente, mi abbraccio tutti i cuscini che vedo e li annuso. Non hanno i miei odori, sono odori di estraneo, ma sono cuscini che vivono nella mia casa e meritano di essere abbracciati. Mi alzo e corro al camino imponente. Annuso voracemente il profumo della fuliggine, lo devono aver usato non molti giorni fa. Questo odore penetra le mie narici e arriva al mio cervello. Com'ero piccola quando seduti sui divani guardavamo la TV mentre la legna scricchiolava e mio padre si alzava di tanto in tanto ad alimentare le fiamme buttandoci sopra qualche ciocco e sistemandolo con la pinza anticata. Mi rivolgo a Mirko. "Non so davvero come hai fatto, ma ...sei stato unico. Non sai quanto è importante per me." Sospiro e lui mi osserva in silenzio. Ha un'espressione rincuorante. "Ora però devo andare in soffitta... c'è qualcosa che mi aspetta". "No" mi ferma deciso. "Prima devo mostrarti una cosa". Mi intreccia la mano alla mia e mi porta nella zona notte. Siamo arrivati di fronte al bagno. "Devi fare pipì?" lo schernisco.
"Quello che ora c'è qui dentro è solo per te, io ti lascerò sola perche desidero che tu stia con te stessa" si è fatto serio, accidenti. Quando apro la porta lentamente, scorgo un luccichìo strano e dorato. Sono le candele che riflettono sullo specchio. Porto le mani alla bocca che si spalanca senza poterla controllare. Il mio bagno. Il bagno con quello specchio enorme, con quella doccia meravigliosa, con la vasca idromas... occazzo...la vasca è piena, la schiuma trabocca, un profumo di gigli si spande nell'aria. Vedo Mirko che si allunga verso un lettore cd - lo riconosco è il suo - e lo accende. Suoni di un pianoforte si librano nell'aria e io sono catapultata in una dimensione parallela. Sta per andarsene nel corridoio, quando lo prendo per il maglione. "Non lasciarmi sola, ho paura" sorrido fingendo timidezza. "Non ho preparato tutto questo con uno scopo... volevo che tu stessi con te stessa nel tuo sogno, nella tua casa" "e io questo sogno lo voglio vivere con chi me l'ha permesso. Non c'è niente che io voglia di più in questo istante" gli sfilo il giubbetto "che noi due in quella vasca". E in men che non si dica ci ritroviamo dentro quell'acqua bollente e frizzante di schiuma e bollicine a fare l'amore come mai era successo. Non sarà questo l'amore? Trovare qualcuno che fa tutto questo per te? Non sarà questo il vero significato dell'amore? Qualcuno che si prodiga per farti trovare un bagno di una casa speciale, con una vasca piena di schiuma profumata e un danzare di note delicate che accarezzano i timpani?
Siamo abbracciati nella schiuma, il rumore dell'idromassaggio ribolle sotto di noi. Il cd si è fermato da tempo ormai, e sentiamo solo il suono del motore della vasca.
"Ehy stronza" mi dice. Sono posata sulla sua spalla cinta dal suo braccio e dal suo bicipite sodo ed eccitante. Non è da lui tenermi cosi, mi sento protetta e lui non mi ha mai dato protezione. Mai. "Dimmi faccia da culetto" "Devo dirti una cosa importante." Azz...sembra serio... che mi dovrà dire? "Dimmi...dimmi pure..."
SCLOCK.
Mirko si irrigidisce. Allunga il collo. Tende le orecchie.
SCLOCK SCLOCK. tic tac tic tac tic tac.
Si volta verso di me con gli occhi allucinati.
Sentiamo un vociferare di là. Mirko spegne immediatamente l'idromassaggio.
"Porco cazzo" sussurra. "MERDA" rispondo io mangiando la foglia.
"Sono tornati!!!!!!!!!!!!!!"
"Ma porca puttana non dovevano tornare domani?" Non facciamo nemmeno in tempo a dirlo che siamo gia asciutti e vestiti, abbiamo raccolto le candele e svuotato la vasca. Mentre sentiamo i loro passi frenetici che girano per casa, mi accorgo che non sono agitati, stanno solo camminando, probabilmente non si sono ancora accorti di noi.
"e adesso...cosa facciamo?"
Mirko ha un'aria stravolta, la pelle è un cencio bianco.
"Dobbiamo muoverci...o saltiamo dalla finestra del bagno, e scappiamo a gambe levate, cercando di passare attraverso il giardino senza farci vedere e sentire dal loro cane...o saliamo la scala che porta al piano superiore e ci nascondiamo nella stanza dismessa in attesa che se ne vadano per uscire quatti quatti."

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